Mi scuso per il ritardo ma, a parte impegni improvvisi che mi hanno lasciato poco tempo per la scrittura, i personaggi ad un certo punto hanno deciso di “fare di testa loro”, deragliando questo capitolo in una direzione diversa da quella che avevo inizialmente pianificato. Il risultato è un capitolo lunghissimo, praticamente sono due capitoli insieme, ma era assolutamente impossibile ed impensabile interromperlo prima. Vi chiedo quindi venia fin da ora se dovesse risultare noioso, come sempre i pareri anche negativi sono ben accetti e mi aiutano a migliorarmi
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Capitolo 12: “Sometimes a dream… turns into a dream”“Gaetano!”
Camilla apre gli occhi, svegliata dal suo stesso grido, come tante, troppe volte negli ultimi giorni, o meglio, nelle ultime notti. E improvvisamente il panico si impossessa di lei: possibile che la notte più intensa, meravigliosa e sconvolgente della sua vita sia stata solo l’ennesimo sogno?
Col cuore in gola e un macigno nello stomaco, cerca di girarsi ma qualcosa la blocca.
“Amore, che succede? Mi hai chiamato?”
I suoi sensi ancora intorpiditi registrano contemporaneamente il delizioso attrito e tepore della sua pelle e quella voce arrochita dal sonno: un incredibile e potentissimo senso di benessere, sollievo e di pace la invadono, ancora prima che il suo cervello decifri finalmente quelle parole che sono come un balsamo per il cuore e per l’anima.
Le braccia che la cingono da dietro si allentano leggermente, permettendole di voltarsi sull’altro fianco e di intravederlo nel buio della stanza. È ancora piena notte, ma riesce a distinguere i suoi occhi e il suo sorriso.
Spinta da un impulso irrefrenabile, copre quelle labbra dischiuse con le sue in un bacio delicato e poi affonda la testa nel suo petto nudo, abbracciandolo più stretto.
“Camilla…” le sussurra nei capelli, accarezzandole la schiena, tra il sorpreso, l’intenerito e il preoccupato, “che cosa c’è? Stai bene?”
“Adesso sì, sto benissimo,” mormora lei, baciandogli il petto, per poi sollevare di nuovo il capo e guardarlo negli occhi, “per un attimo ho temuto che tutto fosse stato ancora solo un altro sogno.”
Gaetano sente di nuovo un nodo salirgli alla gola e gli occhi farsi umidi: chi ha detto che gli uomini non piangono forse non ha mai provato cosa significhi vivere il miracolo di vedere realizzato il più grande desiderio della propria vita, proprio quando non ci speravi più, di scoprire che nemmeno le fantasie più sfrenate si sono mai lontanamente avvicinate alla semplice ma straordinaria perfezione della realtà.
E comprendere che anche LEI prova lo stesso, che anche LEI ha vissuto tutto quello che ha vissuto lui, con la stessa intensità, che non è mai stato solo in questo lungo e tortuoso cammino che li ha condotti fin qui, è qualcosa di talmente smisurato nella sua grandezza, che il suo cervello e il suo cuore faticano ad assimilarlo, a contenerlo.
Stringerla più forte a sé e baciarla con tutto l’amore di cui è capace, di cui lei gli ha fatto scoprire di essere capace, è l’unico modo, per quanto inadeguato, che ha per tentare di esprimerle ciò che prova. E, se lei gliene darà la possibilità, è fermamente intenzionato a dedicare tutto il resto della sua esistenza a cercare di mostrarglielo, a renderle grazie e a restituirle almeno in parte tutto quello che gli sta regalando.
“Un altro sogno? Mi stai forse dicendo che mi hai già sognato altre volte, professoressa?” le chiede infine con tono malizioso, quando si staccano per prendere aria.
“Perché, tu no?” domanda lei con un sopracciglio alzato, sorridendo giocosa, “guarda che me l’hai già confessato, quindi non provare a negare.”
“Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda,” ribatte lui, assumendo un tono quasi marziale, da interrogatorio, ma continuando a sorriderle di rimando, “e non ci penso nemmeno a negare. A differenza di qualcun’altra che mi aveva detto, e cito testualmente, ‘io sogni mai!”.
“Non era proprio una bugia, diciamo che i sogni sono cominciati con più frequenza da quando ci siamo ritrovati qui a Torino…”
“Con che frequenza?”
“Quasi tutte le notti,” ammette lei, abbassando gli occhi imbarazzata.
“E si può sapere il contenuto di questi sogni, dato che ne ero il protagonista?” domanda lui divertito ed emozionato da questa confessione: allora non è stato l’unico a passare nottate turbolente, seguite nella maggioranza dei casi da una lunga doccia fredda.
“Gaetano…” mormora lei supplicante, nascondendo di nuovo il viso nel petto dell’uomo per mascherare l’imbarazzo.
“Camilla,” sospira lui sorridendo intenerito di fronte a questa donna straordinaria che poche ora prima lo incitava a strapparle gli indumenti di dosso, e che ora arrossisce come una ragazzina innocente, “non ti sembra che dopo stanotte dovremmo poter parlare – e non solo parlare – di certi argomenti liberamente?”
“È che… non sono abituata a condividerli con nessuno e per tanto tempo sono stati un mondo segreto in cui mi rifugiavo, un mondo solo mio, anche se al risveglio crollava tutto come un castello di carte,” cerca di spiegargli, evitando però di menzionare d’aver poi scoperto che evidentemente tanto segreti non erano, dato che Renzo l’aveva sentita chiamarlo nel sonno. Non è né il momento né il luogo adatto per nominare il marito in sua presenza.
“Non devi raccontarmeli per forza, se non te la senti. E anche per me sono stati spesso un rifugio, una valvola di sfogo per non impazzire, che però poi pagavo a caro prezzo quando aprivo gli occhi e tornavo alla realtà.”
Si guardano, si accarezzano il volto e si baciano dolcemente, senza parole, stringendosi più forte che possono, come a dimostrarsi vicendevolmente che questa volta è tutto vero, tutto reale e che il risveglio non è più un incubo, ma una parte fondamentale, vitale del sogno che stanno vivendo.
“Quando sono cominciati i tuoi?” non può fare a meno di chiedere Camilla, ancora “sepolta” nel suo petto.
“Poco dopo averti conosciuta, professoressa. La prima volta credo sia stata dopo che quei due malviventi ti avevano aggredita e tu ti eri abbracciata a me per non svenire, te lo ricordi? Gli assassini di Nicola Esposito…”
“E come potrei scordarmelo? Col senno di poi non so se mi avesse sconvolto di più avere un coltello puntato alla gola o quello che avevo provato mentre ero tra le tue braccia,” ammette Camilla con una risata da cui traspare però l’emozione al ricordo, “una parte di me aveva già capito che mi stavo andando ad infilare in qualcosa di molto più grande di me, in qualcosa che mi avrebbe stravolto la vita, anche se cercavo di razionalizzarlo e di ignorare tutti gli indizi.”
“A chi lo dici… Anche per me è stato lo stesso, sai? Sapevo razionalmente di starmi andando a cacciare in una di quelle situazioni incasinate da cui sarei potuto uscire solo con le ossa rotte e che quello che provavo per te era completamente diverso da quello che avevo provato per chiunque altra prima di allora. Ma cercavo di dirmi che era solo attrazione, che se ti volevo così tanto era perché non ti potevo avere, perché mi sfuggivi, a differenza di tutte le altre donne che mi correvano dietro. E ho continuato a mentire a me stesso anche quando ho cominciato a sognarti, cosa che non mi era mai successa prima.”
“Così però mi fai venire una grande curiosità di sapere che cos’è che sognavi, caro il mio vicequestore,” ribatte Camilla con tono ironico, anche se dentro di sé è stupita da quanto l’esperienza vissuta da lei e Gaetano, a livello emotivo, sia stata in fondo molto più simile di quanto entrambi avessero mai potuto immaginare, “dì la verità che lo stai facendo apposta.”
“Guarda che io non ho problemi a raccontarti i miei sogni e per farlo non ho di certo bisogno di un do ut des,” replica lui divertito, “il primo che ho fatto è stato, se non sbaglio, la sera stessa o la sera dopo la tua aggressione. Ricordo di aver sognato che ti convocavo nel mio ufficio perché mi avevi nascosto un’informazione. Discutevamo animatamente, come spesso succedeva e tu mi tenevi testa con la tua solita fierezza e ad un certo punto non ne potevo più e ti zittivo con un bacio. E tu mi baciavi con la stessa passione che ci mettevi nei nostri battibecchi, nel difendere le tue idee. Da lì in poi ogni singola volta in cui avevamo… uno scambio di opinioni, in cui tu mi sfidavi, morivo dalla voglia di baciarti e mi sono dovuto spesso trattenere a forza dal farlo.”
Camilla sente il battito del cuore accelerare esponenzialmente e il desiderio riaccendersi in lei: la prossimità e la mancanza di vestiti di sicuro non aiutano.
“E quindi sognavi solo di baciarmi?” chiede Camilla con una punta di malizia, cominciando a sentirsi più a suo agio e ad appassionarsi a questo argomento.
“Ovviamente no, professoressa, e lo sai,” ribatte Gaetano, accarezzandole i capelli, “soprattutto dopo che ti ho vista ballare in discoteca: non avevo mai desiderato nessuna tanto quanto ti ho desiderata in quel momento. Avrei voluto mollare tutti, trascinarti fuori da quel locale e fare l’amore con te per tutta la notte, come un pazzo. E da lì è stato tutto un crescendo: ogni volta che pensavo di non poterti amare e desiderare di più di così, tu ne combinavi una delle tue e mi dimostravi che avevo torto. Che è un po’ quello che fai sempre, in effetti, ed è uno dei motivi per cui mi sono innamorato di te.”
“Cioè, fammi capire, tu mi ami perché ti contraddico e ti do il tormento?” chiede Camilla, usando l’ironia per cercare di alleviare l’ondata di calore e di emozioni che l’ha investita all’ascoltare questa confessione di Gaetano.
“No, ti amo perché sei intelligente, perché hai carattere, perché quando ti metti in testa una cosa hai il coraggio di portarla avanti fino in fondo. E tu non hai idea di quanto sia eccitante osservarti in azione, Camilla, di quanto sei bella e sensuale quando ti appassioni di qualcosa, quando ti brillano gli occhi, ti mordi il labbro e fai quell’espressione imbronciata e assorta che mi fa diventare matto.”
Il respiro le si blocca in gola, il cuore ormai ha superato ogni limite di velocità e non sa come sia possibile che quest’uomo possa suscitarle nello stesso medesimo istante la più infinita tenerezza e le più inconfessabili pulsioni erotiche. Cerca di trasmetterglielo in un nuovo bacio, dolce e passionale insieme, da togliere il fiato.
“La sai una cosa Gaetano?” chiede con un filo di voce ed un sorriso, quando l’ossigeno ritorna a fluirle nei polmoni e recupera l’uso della parola, “è proprio vero che l’amore rende ciechi, per mia immensa fortuna. E quando mi vedo riflessa nei tuoi occhi, quasi ci credo davvero di essere come tu mi descrivi.”
“Ma tu sei come io ti descrivo Camilla e sei anche molto, molto di più,” le risponde accarezzandole le labbra con le dita di una mano, mentre con l’altra le traccia disegni astratti sulla pelle candida della schiena.
“E tu sei molto, molto ma molto di più di ciò che merito, Gaetano,” gli sussurra lei, baciandogli le dita a una a una. Non si capacita ancora di come un uomo così meraviglioso, che potrebbe avere qualsiasi donna volesse al suo fianco, donne infinitamente migliori di lei sotto ogni punto di vista, possa avere scelto proprio lei, possa amarla in modo così totale e incondizionato.
E anche se non si sente ancora del tutto degna di questo amore, anche se sa benissimo che, per colpa della sua indecisione e della sua vigliaccheria, non è mai riuscita ad esprimergli del tutto ciò che lui rappresenta per lei, l’immensità di ciò che prova per lui, è fermamente decisa a dedicare tutto il resto della sua vita a dimostrarglielo e a restituirgli almeno in parte tutto ciò che le sta donando, finché lui la vorrà al suo fianco.
A partire da ora.
“Anche se tu elogi la mia intelligenza e il mio spirito investigativo, in realtà su noi due temo sia sempre stato molto più percettivo tu, Gaetano o forse semplicemente più onesto con te stesso di quanto lo fossi io,” comincia a raccontargli, stringendosi di nuovo a lui ed appoggiando la testa sul suo petto.
“Fin dalla prima volta che ti ho visto sono stata attratta da te, o meglio, durante i nostri primi incontri mi affascinavi e mi snervavi al tempo stesso. Ma mi dicevo che era normale perché beh, oggettivamente eri e sei un bell’uomo. E, come ti ho già detto, anche quando ci siamo trovati abbracciati per la prima volta e dentro di me si è scatenato l’inferno, ho continuato a razionalizzare, a negare. Poi ho cominciato a provare un fastidio terribile ogni volta che vedevo una donna accanto a te: la Cremonesi, Bettina… Per nasconderlo a me stessa ho perfino accettato di darle il tuo numero e ho cercato in ogni modo di essere felice per la vostra storia, ma non ci sono mai riuscita. Ogni volta che lei mi parlava di voi due l’avrei strozzata, anche se era una delle mie più care amiche, eppure continuavo a trovare scuse, giustificazioni. Fino al giorno in cui abbiamo pranzato insieme nel tuo ufficio e tu mi hai regalato quella rosa. Sono tornata a casa felice come non mi capitava da una vita e mia madre mi ha fatto una paternale pazzesca, facendomi domande su domande su noi due e sono esplosa e le ho detto di farsi i cavoli suoi. La verità è che mi aveva punta sul vivo: una parte di me sapeva che aveva ragione, che mi ero innamorata di te.”
“Beh, come partire con il piede giusto con la di molto futura suocera,” commenta Gaetano con un sorriso, assolutamente incantato da questo racconto che gli conferma molte cose che aveva provato e intuito allora, ma che gli svela altri aspetti che non avrebbe mai immaginato.
“Guarda che adesso le piaci, e pure parecchio: mi ha perfino detto di essersi pentita di avermi fatto quel discorso, sai? E poi tu sulle donne di casa Baudino hai un ascendente straordinario.”
“Meglio, ho qualche chance di sopravvivenza in più,” le sussurra all’orecchio, guadagnandosi un colpo nelle costole che lo fa sobbalzare.
“Scemo,” ribatte lei ridendo, “comunque il momento in cui ho cominciato finalmente ad ammettere con me stessa che cosa mi stava capitando è stato quando tu mi hai preso il viso tra le mani per implorarmi di tenermi lontana dai guai, mentre indagavamo sul caso Levrone. Credo che se non ci avessero interrotti ti avrei baciato in quella macchina, e anche dopo, quando ci hanno sparato addosso in moto e tu mi hai nuovamente sorretto tra le tue braccia. Da lì in poi ho cominciato sì a sognarti ma ad occhi aperti: mi distraevo spesso, ti pensavo continuamente, anche nei momenti meno opportuni…”
Quello che omette di dirgli, perché gli farebbe forse solo più male, è che si era ritrovata a pensarlo anche mentre faceva l’amore con Renzo. E il senso di colpa lancinante l’aveva portata a ridurre la frequenza dei rapporti col marito, che si era certamente accorto che qualcosa non andava. Che aveva iniziato, quasi inconsciamente, a cercare di rendere Renzo più simile a lui, ad esempio regalandogli vestiti simili a quelli che lui indossava. Ma ovviamente non era affatto la stessa cosa.
“Anche io ti pensavo spesso sai: una mattina ho completamente dimenticato il caffè sul fuoco e ho quasi causato un incendio.”
“Beh, quello lo fai pure adesso, quindi o mi pensi ancora mentre cucini, o è tutta colpa del tuo ‘talento’ ai fornelli o è per entrambe le cose.”
“Diciamo entrambe le cose va,” ribatte Gaetano, trascinando Camilla in una risata.
“Quando mi hai fatto quella dichiarazione a casa tua, sono passata dal provare un odio viscerale e irrazionale per ‘l’altra donna’ di cui ti eri innamorato, allo stupore, alla commozione, alla voglia irrefrenabile di baciarti. E quando mi hai sfiorato le labbra sono andata in panico: ho capito che se ti avessi baciato saremmo finiti a letto, che non sarei mai riuscita a trattenermi. Mi sono sentita fragile, impotente, piena di sensi di colpa e ho cominciato a temere quello che sentivo per te, perché ho finalmente capito che non riuscivo a controllarlo come mi ero illusa di poter fare. E sono scappata come una ladra.”
“Non hai idea di quanto mi sono maledetto per averti fatto pressione, per averti quasi ‘teso un agguato’. Di quante volte ho ripensato a quel giorno e desiderato poter tornare indietro nel tempo e fare tutto in maniera diversa,” le confessa lui baciandole i capelli, “e non sai cosa significa per me sapere che anche tu lo volevi, che anche tu mi volevi.”
“Ma certo che ti volevo, Gaetano, certo che ti volevo, non immagini quanto. E la colpa di quello che è successo quel giorno è solo mia, tu sei stato onesto, coraggioso e… quello che mi hai detto… tu non immagini nemmeno cosa abbia significato per me. Anzi, forse se hai ‘sbagliato’ in qualcosa è stato nell’essere così corretto, nel lasciarmi il tempo di decidere e di pensare: se mi avessi davvero presa di sorpresa, se mi avessi baciata di punto in bianco, se avessi insistito non avrei saputo resisterti. Tu con me sei sempre stato un gentleman, non hai mai approfittato di me, mai, hai capito? Ed è anche per questo che ti amo tanto.”
Uno sguardo commosso, un sorriso e si trovano nuovamente fusi in un bacio che diventa ben presto quasi famelico: Gaetano afferra Camilla per i fianchi e la solleva sul suo petto, stringendola poi ancora più forte a sé. Il contatto con la sua pelle nuda, sentire i suoi capelli accarezzargli il collo e le spalle, il suo profumo, il suo corpo sottile compresso contro il suo, sono inferno e paradiso insieme.
“Gaetano, aspetta!” protesta Camilla in un ultimo sprazzo di lucidità, fermandogli le mani con le sue, prima che le sue carezze le facciano perdere nuovamente il senno, per poi aggiungere tra un respiro e l’altro, col fiato corto, “ci sono ancora tante cose… che ti devo dire, che devi sapere.”
“Camilla,” le sussurra lui con un sorriso, scostando la cascata di ricci che le nasconde il viso, per poterla guardare negli occhi, “non è necessario, davvero. Non mi devi spiegare nulla, non serve più, specialmente dopo stanotte.”
“Lo so…” gli sussurra lei di rimando, accarezzandogli una guancia, “ma io voglio spiegarti, ho bisogno di farlo, di raccontarti finalmente la verità, di poter essere finalmente completamente sincera con te, tanto quanto tu lo sei sempre stato con me.”
“Camilla…” ripete, mentre un’infinita tenerezza gli colora la voce e, dandole un ultimo bacio delicato sulle labbra, la deposita nuovamente sul materasso accanto a sé, vicina ma a distanza di sicurezza, “scusami ma… se mi tocchi non garantisco di potermi trattenere oltre, lo capisci vero?”
“Credimi che ti capisco benissimo,” ribatte lei, con uno sguardo che, Gaetano decide, è quasi più pericoloso del contatto fisico.
“Camilla! Ma allora lo fai apposta: mi spieghi come faccio a non saltarti addosso se mi guardi così?” le domanda esasperato.
“Ok, ok, farò la brava, però ricordami di guardarti così più spesso in futuro,” concede lei ridendo e guadagnandosi una cuscinata.
“Camilla!” ribadisce con tono severo, prima di scoppiare a ridere insieme a lei.
“Quando ti ho rivisto di fronte a scuola,” riprende Camilla, ritornando improvvisamente seria, “non saprei descriverti quello che ho provato… è stato… come se avessi congelato quello che provavo per te nei mesi in cui ti avevo evitato, in cui non ci eravamo visti. Avevo cercato di ricacciare tutto a forza in un angolo della mia mente e del mio cuore, ma rivedendoti è stato… come se il tempo non fosse mai passato e sono stata investita in un colpo solo da tutto quello che provavo per te e mi sono accorta che mi eri mancato, da morire. Le nostre discussioni, le nostre indagini, il modo in cui mi guardavi, sfiorandoti un dito con le labbra, il modo in cui mi sorridevi, il modo in cui appoggiavi la tua mano sulla mia spalla, il modo in cui ti preoccupavi per me, perfino il modo in cui mi rimproveravi. E il modo in cui mi abbracciavi, in cui mi facevi sentire allo stesso tempo protetta e in pericolo, in pace col mondo e inquieta. Prima di decidere di richiamarti ho lottato con me stessa, perché sapevo che se avessi ripreso a frequentarti non sarei riuscita tanto facilmente a sfuggirti di nuovo, a fermarmi in tempo un’altra volta. E mi sono detta che lo facevo per il mio allievo, ma in realtà avevo voglia di rivederti: non ne potevo più di starti lontana.”
Gaetano si trattiene a forza dall’abbracciarla: ascoltarla mentre si mette a nudo davanti a lui è… indescrivibile. Rivive quei giorni, quelle sensazioni quasi come se fosse ieri e si sorprende di quanto si rispecchi nel racconto di Camilla, di come lei stia descrivendo, di fatto, esattamente ciò che ha provato anche lui.
“E da lì… da lì ho cominciato a comportarmi in un modo quasi schizofrenico, e credimi, non ne vado fiera. Lo so che sono spesso stata una vera stronza con te-“
“Camilla, non dire assurdità, per favore, non dirlo nemmeno per scherzo!” la interrompe lui, infrangendo la barriera invisibile che si era autoimposto e posandole un dito sulle labbra per zittirla, “tu non-“
“No, Gaetano, lasciami parlare, ti prego,” ribatte lei determinata e fiera come in poche altre occasioni, baciandogli il palmo della mano ma scostando con decisione le sue dita dal viso, “lo so che tu non lo pensi, perché mi ami, perché sei… perché sei un uomo meraviglioso. Ma lo so che non mi sono comportata bene con te, in tante, troppe occasioni, anche se non l’ho fatto volontariamente, anche se non potevo farne a meno. C’era come una guerra dentro di me, ma non è che non sapessi quello che volevo: se riguardo indietro lo sapevo eccome, l’ho sempre saputo. La guerra era tra ciò che volevo fare e ciò che sentivo di dover fare.”
“Camilla…“
“Gaetano, io… io… ogni volta che non c’eri io morivo dalla voglia di vederti: quando ero con te stavo bene, mi sentivo viva, mi sentivo felice, ma poi scattavano i sensi di colpa. Quando tu ti avvicinavi a me ero sempre tentata, tu non hai idea quanto, e a volte cedevo, ti aprivo una breccia in quel muro che mi ero costruita, ma poi ti allontanavo bruscamente, per reazione. Sapevo di non poterti avere ma odiavo qualsiasi donna ti si avvicinasse e mi rendo conto di essere stata un’egoista e so di essermi comportata in maniera totalmente contraddittoria, snervante, confusa… E poi… poi c’è stato quel bacio ed è stato… meraviglioso e terrificante al tempo stesso. Non avevo mai provato nulla di nemmeno lontanamente paragonabile in vita mia: ho capito di aver perso completamente il controllo, e di nuovo sono fuggita terrorizzata. Mi sono convinta che quello che provavo per te era solo una fortissima attrazione e nulla di più, che ti volevo bene ma non ti amavo. E la tua partenza mi ha evitato nuovamente di affrontare la realtà: stavo malissimo ma facevo finta di niente e ho di nuovo rimosso tutto, ho di nuovo nascosto tutto sotto al tappeto e cercato di proseguire come se non fosse cambiato niente, ma la verità è che era cambiato tutto quanto.”
Era allora, Camilla adesso se ne rende conto, che il suo matrimonio con Renzo era davvero finito. Già da tempo le cose non andavano più bene tra loro, da quando aveva rivisto Gaetano dopo i mesi di lontananza autoimposta, per essere precisi: tra Renzo che sembrava in preda a una crisi di mezza età e che ronzava un po’ troppo intorno all’insegnante di danza di Livietta e lei che… lei che si era ritrovata quasi ad usarlo per non pensare ad un certo commissario. Riguardando indietro con lucidità, capisce che quasi tutti gli slanci che aveva avuto verso il marito in quel periodo erano stati o un modo per distrarlo e chiudere frettolosamente una lite, o coincidevano stranamente con qualche “pericoloso avvicinamento” di Gaetano che lei aveva dovuto rifiutare, o con qualche “pericoloso avvicinamento” tra Gaetano e quella PM che sembrava una top model, più che un magistrato.
Ciò nonostante, ancora emergeva ogni tanto qualche traccia dei vecchi “Renzo e Camilla”: quelli che si amavano e che desideravano davvero passare tutto il resto della vita insieme, come avevano promesso tanti anni prima.
Ma dopo quel bacio nulla era più stato come prima: a partire da quel momento l’affetto, la complicità, la voglia di stare insieme, le risate, la tenerezza si erano gradualmente trasformate in un obbligo, in una forzatura, in una recita. Non era solo lei ad essersi allontanata, anche Renzo non era più lo stesso: inquieto, ansioso, insoddisfatto della sua vita, in una perenne crisi di nervi, quasi depresso. Non sapeva quanto fosse per colpa sua, ma qualcosa si era rotto irrimediabilmente, anche se entrambi avevano continuato a fare finta di niente, a ignorare il proverbiale elefante nella stanza, come direbbe la sua collega Anna. E le cose erano progressivamente, lentamente ed inesorabilmente peggiorate, fino a che l’elefante aveva sfondato la stanza ed era stato impossibile ignorarlo. Prima con la pausa di riflessione e la depressione di Renzo e poi… Barcellona e Carmen.
“Anche per me non è stato facile a Praga, Camilla… Mi mancavi tantissimo, soprattutto i primi tempi, ti sognavo tutte le notti, sai? Sognavo quel bacio, sognavo che mi fermavi all’aeroporto, a volte sognavo perfino che mi venivi a cercare,” le confessa, ricordando uno dei due periodi più bui della sua vita. Il secondo era, ovviamente, quello immediatamente successivo alla sua partenza per Barcellona, quando era stato davvero sicuro di averla persa per sempre.
“Allora i nostri sogni coincidevano, Gaetano, a parte il fatto che io sognavo che tu tornassi a Roma. Ma perché decidesti di andartene?”
“Perché pensavo che sarebbe stato meglio per tutti, che avrei potuto dimenticarti e smettere di tormentarti, che saresti stata più felice così,” ammette con un tono malinconico che è come una pugnalata per Camilla: è una delle tante ferite ancora non del tutto rimarginate che si portano dietro dal loro passato e che lei spera veramente di riuscire presto a curare, a sanare, insieme. E sa che quello di stasera è solo il primo passo.
“Tu non mi hai mai tormentato, o meglio, la tua assenza mi ha sempre ‘tormentato’ e turbato ancora di più della tua presenza, ma non era certo colpa tua. Forse non era colpa di nessuno, o forse di entrambi, a seconda di come la vuoi vedere. E quando ti ho rivisto al Teatro Marcello ho provato… un insieme ingarbugliato di emozioni che non potevo e non volevo decifrare. Non ho nemmeno avuto il tempo di farlo perché ho subito saputo di Roberta, che ti sposavi e lì, beh, lì è iniziato forse il periodo più assurdo della mia vita. Ero ormai diventata una maestra ad ingannarmi, ad autoconvincermi, a farmi andare bene di vivere una finzione e, anche se la sola idea di te e di lei mi dava la nausea, mi sono adattata al ruolo della migliore amica. Mi sono ritrovata a consigliarti sulle tue vicende amorose con lei, addirittura ad incitarti a sposarla, anche se mi sentivo morire dentro ogni volta che pensavo a voi due insieme, figuriamoci a quando vi immaginavo all’altare.”
“E io allora che ti facevo da confidente e spalla su cui piangere mentre eri in crisi con tuo marito? Quando ti avrei voluta tutta per me, solo per me. Quando avrei voluto gridarti che meritavi di meglio, che meritavi il meglio e che sarebbe bastata una tua parola, una sola e avrei mollato Roberta senza esitazioni, anche se immagino non sia nobile da dire,” confessa lui, provando ancora un po’ di vergogna al solo pensiero di quello che aveva fatto alla giornalista e di quello che aveva fatto anche a se stesso.
“Come immagino non sia nobile dire che sentire queste parole, anche a distanza di anni mi provoca un’immensa soddisfazione,” riconosce lei con un sorriso malizioso che lo fa scoppiare a ridere: Dio quanto la ama quando fa così!
“Ma lo sai cos’è la cosa assurda, Gaetano? Che nonostante tutto, in mezzo a tutte quelle bugie, in mezzo a quel gran casino, io quando stavo con te ero felice come non mi sentivo da… da sempre. Quando ero con te dimenticavo tutto il resto: esistevamo solo io, tu, Nino e Livietta e mi illudevo almeno per quei pochi momenti che fosse davvero così, anche se poi c’era sempre il brusco ritorno alla realtà.”
“Io… io stavo bene solo quando c’eri tu Camilla, e quando c’era Nino, chiaramente. Sai che se n’era accorto pure lui? Mi aveva detto che con Roberta ero triste, che con lei discutevo sempre, mentre con te… tu mi facevi ridere, mi rendevi sereno. Mi aveva chiesto che senso avesse sposarmi per essere infelice e... la verità è che sapevo che aveva ragione. Ma pensavo di non poterti avere e a quel punto, mi sono lasciato trascinare da Roberta, da quello che lei provava per me, illudendomi di poterla ricambiare un giorno, anche se sapevo di stare mentendo a me stesso.”
Quello che non può e non vuole dirle, quello che Camilla non dovrà mai sapere, era che prima di incontrare Roberta era sull’orlo della depressione, che era stato quasi a un passo dall’autodistruggersi. Solo, straniero in terra straniera, con il cuore in pezzi: un mix pericoloso e micidiale. Lei lo aveva da subito quasi idolatrato, messo su un piedistallo, ma allo stesso tempo aveva iniziato ad organizzargli la vita, a controllarlo e a cercare di plasmarlo nel fidanzato perfetto. E, se normalmente i suoi modi da principessa viziata gli sarebbero stati insopportabili, in quel momento aveva avuto bisogno di mettere la sua vita in mano a qualcun altro, dato che lui non si sentiva in grado di gestirla da solo, aveva avuto bisogno di sentirsi amato, di avere qualcuno che lo mettesse al centro del suo mondo, qualcuno con cui non avesse l’esigenza di pensare, qualcuno attraverso cui potesse vivere, quasi per inerzia.
“Anche io ero certa di non poterti avere ed è assurdo, lo so, ma ero arrivata ad autoconvincermi che forse se ti fossi sposato, se fossi stato definitivamente off-limits, il conflitto che mi lacerava dentro si sarebbe attenuato, che mi sarei messa il cuore in pace. Non so come abbia potuto essere così stupida, così cieca. Ma quando il giorno delle nozze è arrivato all’improvviso, quando lei mi ha invitata al vostro matrimonio, la verità è che ho provato un dolore, un’angoscia… mi sembrava di impazzire. Ma ho di nuovo nascosto tutto, finto che andasse tutto bene e quel giorno… mi sono vestita di bianco, pur sapendo che non si dovrebbe… mi sono vestita di bianco, ma ancora mi rifiutavo di vedere la verità. E la verità era che non ho mai detestato e invidiato qualcuno quanto Roberta quel giorno. Che avrei voluto esserci io accanto a te, anche se ovviamente era impossibile. Non… non so cosa avrei fatto se il cellulare non avesse squillato, non so se sarei riuscita a rimanere lì impassibile a guardarvi mentre…”
Il groppo in gola le impedisce di continuare: è pazzesco, ma rivive quei momenti come se fosse successo ieri, come se stesse succedendo ora. Le sembra di rivedere Roberta, bellissima in abito da sposa, e lui fin troppo elegante, ingessato, ma come sempre da togliere il fiato. E il fiato a lei era mancato sul serio, seduta su quella sedia scomodissima, mentre attendeva il verdetto del boia e avvertiva i primi sintomi di un attacco di panico.
“Sai che non ho mai benedetto la suoneria di un telefono come in quel momento? Ero lì con lei ma volevo essere da tutt’altra parte e anche io… dio, quanto avrei voluto che ci fossi tu al suo posto, Camilla! Quando ti ho vista in municipio, non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso, e ho capito che stavo commettendo la più grossa cazzata della mia vita. Non so se sarei riuscito ad arrivare fino in fondo, anche se tu non ci avessi interrotto.”
“Sai, penso col senno di poi di non aver messo il vivavoce e lasciato cadere il telefono per errore, per distrazione… Credo che il mio inconscio avesse deciso di prendere il controllo e di fare ciò che consciamente non avevo il coraggio di fare.”
“Ma allora perché te ne sei andata di punto in bianco a Barcellona?” chiede lui, non riuscendo più a trattenersi dal farle questa domanda, dal togliersi questo dubbio che lo ha tormentato per i mesi e gli anni successivi al suo trasferimento improvviso, “io ero finalmente di nuovo libero e tu... il tuo matrimonio era ormai in crisi da tempo. Avevo davvero sperato che tu potessi… che noi due potessimo… e poi un giorno sei sparita all’improvviso, senza spiegazioni.”
“Se te lo dico mi prometti di non prendertela?” gli domanda lei di rimando, dopo un momento di riflessione, cercando il suo sguardo nell’oscurità.
“Camilla…” sospira lui dolcemente, buttando al vento la prudenza e allungando una mano per accarezzarle una guancia, tracciando la sporgenza dello zigomo con le dita, “mi spieghi come potrei mai arrabbiarmi con te, anche volendo? Già non ci sono mai riuscito da quando ti conosco a rimanere in collera con te per più di qualche istante… E dopo tutto quello che abbiamo condiviso e che stiamo condividendo in questi ultimi giorni, in queste ultime ore…”
“Non intendo con me, non solo, almeno. Non… non sono sicura che tu lo voglia davvero sapere, Gaetano, capisci cosa intendo?” cerca di spiegargli, posando la sua mano sopra quella dell’uomo e intrecciando le dita con le sue.
“Non proprio e non ti voglio forzare a farlo, se non te la senti, ma, per quanto mi riguarda, sono sicuro di volerlo sapere, di voler sapere la verità, qualunque essa sia.”
“D’accordo… La verità… la verità è che l’ho fatto… l’ho fatto soprattutto per te, Gaetano,” ammette lei flebilmente, abbassando lo sguardo e avvertendo le dita dell’uomo contrarsi di riflesso tra le sue.
“Per me?” domanda lui con voce roca, incredulo e sicuro di non aver sentito bene.
“Sì, per te,” conferma lei, ritrovando il coraggio di guardarlo negli occhi, “ti ricordi quando ti eri sentito male a casa mia? Avevi la febbre alta e ti avevo ospitato, ti avevo lasciato riposare. Hai iniziato a delirare per la febbre: chiamavi il mio nome in modo quasi disperato e allora mi sono avvicinata e ho cercato di tranquillizzarti ed è allora che…”
Il nodo in gola si è fatto ormai soffocante, deglutisce più volte cercando di riprendere il fiato, mentre sente gli occhi riempirsi di lacrime, ricordando quelle parole dure, crude, disperate e terribilmente vere, che, a distanza di anni, la colpiscono ancora come un pugno in pieno stomaco.
“Che cosa ho fatto, Camilla?” le chiede con un filo di voce, avvertendo un improvviso senso di nausea.
“Mi hai detto che non avresti… non avresti mai dovuto conoscermi, che ti tormentavo, che ero un’ossessione per te e che… che dovevo sparire dalla tua vita,” riesce ad articolare con estrema fatica, soccombendo infine al pianto.
“Cosa?” riesce solo a chiedere, completamente paralizzato da quella rivelazione, odiandosi come mai prima d’ora mentre quelle gocce salate rimangono intrappolate tra le sue dita, ancora avvinghiate a quelle di lei, in una presa spasmodica. E comprende perché questa donna straordinaria, che lo conosce meglio di chiunque altro, fosse così restia a parlargliene.
“Mi hai implorato di aiutarti, di aiutarti a… a liberarti di me e continuavi a pregarmi di sparire, di sparire…” sussurra con voce rotta, guardando avanti a sé senza vedere realmente nulla, intrappolata in quei ricordi che le bruciano nel petto.
“Io… lo sai che non… io non volevo questo, Camilla, non ho mai voluto questo, anzi. Forse a volte ho desiderato che tu sparissi, ma dal mio cuore. Ho desiderato potermi innamorare di qualcun’altra, poterti lasciare in pace, poter essere felice anche senza di te, poter essere felice per te, ma, non ho mai voluto che tu te ne andassi sul serio, come non mi sono mai, mai pentito di essermi innamorato di te,” cerca di spiegarle, ancora sconvolto, “tu mi hai insegnato ad amare, Camilla, mi hai fatto capire cosa vuol dire vivere davvero e hai sempre tirato fuori il lato migliore di me. E anche se non ci fosse mai stato nulla tra noi, anche se tu avessi continuato a… respingermi… ti sarei comunque stato per sempre grato di questo.”
“Gaetano…” mormora lei tra i singhiozzi, “tu sei… eccezionale e… generoso, troppo generoso con me. Ma quando mi hai detto quelle cose, io… io ho sentito nel profondo dell’anima che avevi ragione, che ero un’egoista, che… che ti stavo rovinando la vita. Per colpa mia avevi già cancellato un matrimonio e… e volevi un figlio, una famiglia, mentre io ti tenevo intrappolato in un limbo e ti… ti impedivo di essere felice…”
“Camilla…” sussurra lui con gli occhi lucidi, recuperando finalmente un briciolo di lucidità e un minimo di controllo sul suo corpo, cedendo all’istinto e abbracciandola più forte che può, sentendo le sue lacrime bagnargli il petto, “basta, ti prego, non voglio che ti fai del male in questo modo, ok? Non voglio che ripensi più a quel periodo, non voglio che rivanghi più il passato e non serve che ti scusi di niente, che mi spieghi niente: tutti e due abbiamo commesso i nostri errori e li abbiamo pagati cari, ma… siamo insieme qui, ora e a me basta questo. So già tutto quello che c’è da sapere, lo sapevo prima ancora che iniziassi a parlare.”
Le prende la mano destra, la bacia e se la posa sul cuore, e appoggia poi le dita della sua mano destra su quello di Camilla. La guarda negli occhi intensamente, come a farle capire che le parole non sono necessarie, che stanotte si sono già detti tutto quello che c’era da dire, senza nemmeno aprire bocca.
“Gaetano, io avevo bisogno di parlarti, di aprirmi con te, non per scusarmi o per giustificarmi, non solo, ma anche e soprattutto per… per liberarmi. Non sono solo lacrime di tristezza le mie, lo capisci? Capisci cosa significa per me poter condividere finalmente tutto… tutto questo con te?”
“Sì,” ammette lui semplicemente, baciandola con tutta la dolcezza di cui è capace, lasciando che le loro lacrime si mescolino nuovamente, “anche per me è… indescrivibile… soprattutto perché tutto quello che hai provato tu, l’ho provato anche io, Camilla, quasi nello stesso identico modo ed è una cosa che non avrei mai osato immaginare.”
“Lo so,” mormora lei, asciugandogli poi due lacrime con le labbra, “amore mio, lo so.”
“Shhh,” sussurra lui, tracciando di rimando con la bocca le scie umide sulle guance di Camilla, fino ad arrivare al collo e alla clavicola, “adesso basta parlare, professoressa.”
“Mmm, ne sei proprio sicuro Gaetano?” ribatte lei con un tono decisamente più leggero e giocoso, mordicchiandogli il lobo dell’orecchio destro e sentendolo rabbrividire tra le sue braccia, per poi bisbigliare con voce roca, “allora non ti interessa più conoscere i miei ‘sogni Torinesi’?”
“Camilla!” esclama, ancora una volta completamente spiazzato da questa donna assolutamente brillante e deliziosamente complicata, sollevando il viso per guardarla negli occhi, in quei bellissimi occhi scuri da cerbiatta che brillano divertiti dietro le ultime tracce di pianto.
“Sì?” chiede lei con voce innocente, regalandogli poi il suo migliore sorriso, quello che scatena sempre in lui una voglia matta di levarglielo a suon di baci.
“Lo sai che dovresti essere inclusa tra i fattori di rischio per l’infarto, professoressa?”
“E tu lo sai che l’attività fisica intensa è sconsigliata per chi è debole di cuore? Peccato…” ribatte lei con un sopracciglio alzato, sciogliendosi dal suo abbraccio e cercando di alzarsi dal letto.
“Dove credi di andare?” la ferma immediatamente, prendendola per le spalle e ributtandola sul materasso, usando il suo peso per bloccarla sotto di lui.
Camilla si divincola e inizia una lotta senza esclusione di colpi a base di solletico, che termina infine con lui seduto sopra di lei, trattenendola per i polsi: entrambi senza fiato per lo sforzo e con un sorriso ebete stampato sul volto.
“Se vuoi confessare ti concedo cinque minuti, professoressa, non uno di più,” dichiara nel tono più serio che riesce a mantenere, date le circostanze, sentendo il desiderio aumentare esponenzialmente mano a mano che la guarda negli occhi, “poi ti avverto che non rispondo delle mie azioni.”
“Se questa è la tua idea di minaccia, devi un po’ rispolverare le tue tecniche di interrogatorio, caro il mio vicequestore,” ribatte lei, muovendosi lievemente contro di lui e avvertendo la sua reazione inequivocabile. Si sente improvvisamente ringiovanita di vent’anni, leggera e con la mente sgombra dai pensieri come non le capitava da una vita, felice come non le capitava da… da sempre.
“Quattro minuti e mezzo…” controbatte lui, lottando per mantenere il controllo e non cedere all’impulso di farla nuovamente sua in questo medesimo istante. Ringrazia e maledice allo stesso tempo l’assenza di luce nella stanza, perché fatica già a contenersi così, riuscendo appena ad intravederla.
“Ok, ok, da dove vuoi che comincio?” concede lei, con tono di chi sta facendo un gran favore al suo interlocutore.
“Dall’inizio.”
“Mmm, vediamo, ti ho sognato la prima volta lo stesso giorno che ti ho rivisto, o meglio, quella notte. Mi trovavo all’improvviso in piazza Carlo Alberto, e tu eri lì che mi aspettavi, seduto a un tavolino illuminato dalle candele, con due bicchieri di vermouth ed una rosa rossa. Eri elegantissimo e ricordo che ti allentavi lentamente la cravatta e poi prendevi la rosa e ti avvicinavi a me, guardandomi… beh più o meno come mi stai guardando adesso e mi porgevi il fiore. Poi cercavi di baciarmi, io tentavo di resisterti ma ben presto cedevo e mi lasciavo andare tra le tue braccia.”
“Beh, non mi sembra un sogno così scandaloso, professoressa,” la punzecchia lui, intenerito ed emozionato allo stesso tempo da questa ulteriore conferma che Camilla, in fondo, è sempre stata sua, nel profondo del suo cuore.
“Come corri, vicequestore Berardi,” ribatte lei con un sorriso, “quel sogno che ti ho descritto si è ripetuto per parecchio tempo e ogni volta io capitolavo più in fretta e il bacio cresceva in intensità. E poi una notte ho sognato che…”
“Che?” la incita Gaetano, notando anche in penombra le guance di Camilla scurirsi e i suoi occhi socchiudersi, “tre minuti professoressa.”
“… Che mi portavi in una cella, con le mani ammanettate dietro la schiena, aprivi le manette e mi sussurravi all’orecchio che volevi ‘la verità, tutta la verità, niente altro che la verità’,” ammette con un sospiro, venendo ricompensata da un suono improvviso che sfugge dalla bocca di Gaetano e che sembra quasi un rantolo. E può percepire chiaramente che questo sogno sta avendo su di lui lo stesso effetto che aveva e ha su di lei.
“Io protestavo dicendoti di essere sempre stata sincera, ma tu mi prendevi tra le braccia e ribattevi che non era vero, che io ti volevo tanto quanto mi volevi tu e che… ero la donna della tua vita.”
“Direi che sono più saggio in sogno che nella realtà,” mormora Gaetano con una voce talmente arrochita da suonare quasi ferale, “e poi?”
“E poi cercavi di baciarmi, mi imploravi di lasciarmi andare e io… io di nuovo resistevo ma dopo poco cedevo e… tu cominciavi a toccarmi, a spogliarmi e di solito mi svegliavo poco prima che potessimo fare l’amore, attaccati alle sbarre della cella,” confessa Camilla, vincendo l’imbarazzo e sentendo il respiro dell’uomo farsi sempre più affannato.
In un impulso incontenibile, Gaetano si china su di lei per baciarla, ma lei scosta il viso e gli sussurra, avendoci ormai preso gusto di questo gioco, “eh, no, ho ancora due minuti a mia disposizione, dottor Berardi.”
“Camilla!” esala in un mezzo ringhio esasperato, frustrato ed eccitato al tempo stesso.
“Non le ho dettate io le regole, Gaetano,” ribatte lei apparentemente serafica, anche se l’incendio sta ormai divampando anche dentro di lei.
“Al diavolo le regole!” replica lui, approfittando della posizione per mordicchiarle un punto debole alla base del collo.
“Gaetano!” protesta Camilla, cercando di liberarsi dalla presa dell’uomo ma non riuscendoci: in quella posizione è completamente vulnerabile, alla sua mercé e le sue carezze, i suoi baci le stanno nuovamente facendo perdere il controllo.
Improvvisamente, Gaetano avverte un cambiamento in Camilla: rilassa i muscoli e smette di ribellarsi, offrendosi completamente a lui, senza riserve. Le loro labbra si incontrano in un bacio rovente, mente sente le gambe di lei cingergli i fianchi. Non resiste più: deve averla, ora. Si solleva leggermente da lei, poggiandole istintivamente una mano sull’anca ed in una frazione di secondo comprende l’errore commesso.
Troppo tardi.
Camilla, con la mano lasciata libera, gli da un pizzicotto su un fianco, causandogli uno spasmo involontario, che gli fa allentare la presa anche sull’altra mano. In un istante, si ritrova disteso supino sul materasso, con Camilla seduta sopra di lui, mentre le dita lunghe e delicate di lei gli afferrano i polsi, in una posizione quasi speculare rispetto a quella di poco prima.
E il sorriso soddisfatto e malizioso di Camilla è quanto di più erotico abbia mai visto in vita sua.
“Adesso è il mio turno, Gaetano,” gli sussurra con un tono di voce basso e carico di promesse, prima di mordergli delicatamente il labbro inferiore e catturare poi la sua bocca in un bacio di una sensualità disarmante.
Sanno entrambi che lui potrebbe benissimo liberarsi se volesse, che lei non ha né la forza, né il peso, né l’allenamento necessario per tenerlo realmente bloccato sotto di sé, ma questa è una prigionia da cui Gaetano non ha la benché minima intenzione di tentare di “evadere”.
Completamente rapito, le cede totalmente le redini e il controllo, e tra le braccia di questa donna unica ed incredibile, geisha ed amazzone insieme, scopre ancora una volta sensazioni ed emozioni sconosciute e assurdamente familiari allo stesso tempo, affogando nelle più oscure profondità dell’oceano, per poi riemergere dalla schiuma dei flutti, rinato a vita nuova, indissolubilmente fuso con quella che è sempre stata, è, e sempre sarà la parte migliore di sé.
La luce non ha mai brillato così pura, folgorante e limpida come nel buio di quella stanza.